Quattro scogli sono stati brillantemente superati: S&P, Dbrs, Fitch e anche Moody’s hanno confermato il rating all’Italia. BBB-, giusto un gradino sopra il livello speculativo. Ma gli esami non sono finiti!
Vi ricordate che nel 2002 l’Italia aveva rating AA?
Cosa è il rating? Il rating, come ad esempio nel caso degli elettrodomestici, è un indicatore di affidabilità. Tuttavia se per gli elettrodomestici si riferisce alla qualità e alla capacità di funzionare nel tempo in modo efficiente, per gli emittenti – siano essi società, banche o stati – indica la capacità nel tempo di onorare a scadenza i propri debiti.
E’ da anni che le agenzie di rating declassano l’Italia di pari passo con l’aumento del debito pubblico.
Cosa accadrebbe se i nostri titoli fossero declassati a “spazzatura” (BB+)?
Vi ricordate cosa è accaduto in Grecia?
Ricordo che poco più di dieci anni alcuni Paesi Europei, Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna (P.I.I.G.S. – Pigs in inglese significa maiali), furono protagonisti della crisi dei debiti sovrani dell’Europa.
Da allora però tutti – tranne l’Italia – hanno decisamente “cambiato passo”:
– la Spagna ha imboccato la giusta strada per la riduzione del debito pubblico (in rapporto al PIL), tanto che a fine 2022 era 113 ma si avvia a 110 nel 2024;
– ancora meglio va il Portogallo: S&P ha alzato il giudizio sulla solidità del Paese, pur mantenendone il rating a BBB+, Fitch ha aumentato il rating portandolo da BBB+ ad A-, ed infine Moody’s ha annunciato un doppio rialzo ad A3, un gradino sopra il rating italiano. E’ come passare, a scuola, da 6 a 8. Ciò in conseguenza al miglioramento del debito/PIL, stimato a 104 per la fine di quest’anno e addirittura a 96 alla chiusura del 2025. Inoltre, secondo le stime degli economisti raccolte da Bloomberg (la più grande piattaforma di informazioni finanziarie al mondo), nel 2024 il PIL portoghese crescerà di 1,60% (contro 1,50% dello spagnolo e 0,60% dell’italiano).
L’ottimo stato di salute del Portogallo è riscontrabile finanziariamente anche dallo spread sui titoli di stato, pari solo a 0,77% con la Germania, il benchmark dell’Area. Il nostro spread è più del doppio, 1,77%, a confermare un andamento meno positivo.
Nel valutare lo spread, i mercati considerano anche i potenziali acquirenti del debito pubblico italiano e il panorama rende scivoloso il sentiero:
1) Negli ultimi anni, gli investitori esteri hanno ridotto da 43% a 23% la percentuale di debito pubblico italiano detenuta. Siamo ai minimi dal 1998;
2) La Banca Centrale Europea (BCE) vende debito italiano;
3) Le banche italiane vendono debito italiano;
4) Le emissioni di nuovi titoli nel 2024 saranno pari a circa 480 miliardi.
Si apre la caccia del governo ai potenziali compratori?
Con i rendimenti ai massimi da 15 anni il prezzo che paga l’Italia sarà troppo “salato”?
Proprio il differente stato economico-finanziario di ogni paese, giustifica la diversificazione che dobbiamo adottare noi risparmiatori per investire con la massima sicurezza i nostri capitali.
“Se c’è soluzione perché ti preoccupi? Se non c’è soluzione perché ti preoccupi?”
Aristotele