Il 2022 doveva essere l’anno della riapertura. Pronti via, cosa succede? L’inflazione arriva al 10%, cambia tutto. In più ci abbiamo messo pure la guerra.
E così mentre il prezzo del gas impazzisce, la banca centrale americana (FED) avvia il più grande aumento dei tassi dal 2000 e la banca centrale europea (BCE) pone fine all’era dei tassi di interesse negativi introdotti a giugno 2014.
Il 2022, oramai prossimo alla conclusione, è stato finora un anno sofferto per l’economia e per i mercati finanziari:
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azioni e obbligazioni hanno contemporaneamente realizzato un rendimento negativo, questo è accaduto solamente altre quattro volte nella storia, ma con flessioni superiori al 20% solo nel 1931 si ricorda di peggio;
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il Treasury americano ha realizzato il -23%, il peggior anno di sempre. Una situazione simile ci fu solo nel 1788, l’anno dell’entrata in vigore della Costituzione degli Stati Uniti;
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il nostro BTP decennale ha sfiorato il -30%. Un dramma per chi li ha sottoscritti l’anno scorso, un’opportunità per chi lo sottoscrive oggi e ottiene a scadenza quasi il 4% lordo annuo, un tasso di interesse che non si vedeva dal 2012.
Ma chi compera i titoli di Stato italiani?
1) Banca d’Italia possiede circa un quarto del nostro debito (25,8% del totale). Non si tratta però di acquisti diretti, ma della contabilizzazione degli acquisti fatti dalla Banca centrale europea, nell’ambito delle politiche di sostegno iniziate nel 2014.
Nel 2021 la BCE ha acquistato più titoli di Stato di quanti il Tesoro ne abbia emessi, ben 51 miliardi in più;
2) le banche italiane, insieme alle assicurazioni italiane, detengano anch’esse circa un quarto dei titoli emessi dal nostro Paese. A fine 2021 ad esempio Intesa Sanpaolo e le sue controllate assicurative detenevano 88,327 miliardi di titoli di Stato italiani.
Le banche italiane negli ultimi dieci anni hanno costantemente investito una quota rilevante del proprio attivo di bilancio in titoli di Stato, circa il 10% a fronte di una media del 3% delle altre banche dell’area dell’euro. Questo valore è rimasto stabile negli anni, segno che per I banchieri nostrani sono un asset difficile da sostituire. Per vari motivi hanno tutti una predisposizione ad acquistare titoli nazionali.
3) investitori esteri e investitori italiani si dividono all’incirca la quota residua.
Perché la BCE ha predisposto uno “scudo anti spread”?
Le nubi di tempesta perfetta sembrano addensarsi sui titoli di Stato italiani a partire dal prossimo anno. Una serie di eventi concomitanti porteranno le istituzioni europee a vendere Bot, Btp e Cct e l’effetto finale potrebbe essere la necessità di trovare nuovi compratori.
I 4 eventi che remano contro sono:
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per la prima volta dal 2014 a metà dicembre la BCE definirà le linee guida per vendere i titoli di Stato acquistati negli scorsi anni;
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la BCE ha aumentato il costo di finanziamento alle banche che mettono titoli di Stato a garanzia, rendendo di fatto meno conveniente detenerli;
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dal primo gennaio le banche dovranno contabilizzare i titoli di Stato al valore di mercato, perdite incluse;
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le compagnie assicurative, in nome della stabilità del sistema, sono state chiamate a ridurre – seppur lentamente – la quantità di titoli di Stato che detengono.
I privati acquisteranno i titoli di Stato che le banche e le assicurazioni andranno vendendo?
Ad un maggior divario tra domanda e offerta seguirà una remunerazione in termini di interessi più allettante?
Un futuro di incognite in vista per la gestione del debito pubblico che è pari a circa 2.750 miliardi di euro.
Quanto sopra descritto mostra che investire in un singolo titolo, anche se per noi italiani è il più conosciuto, non è per niente facile. Investire in un fondo obbligazionario di qualità è sempre la soluzione più vantaggiosa, perché il risparmiatore può beneficiare delle stesse opportunità delegando l’operatività a chi la fa di professione.
I figli… so’ pezzi ‘e core (film 1981)