19 febbraio 1797. La Francia impone alla Santa Sede la firma di un pesantissimo trattato di pace, il Trattato di Tolentino. Fu una delle più grandi sciagure della storia. La Francia pretese i danni di guerra che essa stessa aveva scatenato. Una somma colossale e purtroppo anche la cessione di cento capolavori d’arte tra pitture e sculture, cinquecento incunaboli e oggetti della Biblioteca Vaticana.
Arrivò poi anche la beffa. Nel febbraio del 1798 i Francesi penetrarono comunque in Vaticano e razziarono anche le stanze del Papa. Pio VI fu costretto all’esilio e morì l’anno successivo.
I francesi fusero subito la maggior parte degli oggetti in oro e argento che adornavano chiese e palazzi romani e dello Stato Papale. Questo avvenne ovunque passarono i francesi e per questo motivo purtroppo si contano oggi soltanto pochissimi argenti antichi in Sicilia, Portogallo e qualcosa a Malta o in luoghi particolari di culto (Tesoro di San Gennaro a Napoli).
Ma l’era di Napoleone tramontò a Waterloo nel 1814 e l’anno successivo il potere tornò a chi lo aveva prima.
Il nuovo Papa, Pio VII, era un uomo pacifico. E recuperare quanto rubato da Napoleone non era facile, perché nessuno dei regnanti Europei era interessato a restituire quanto ora era in loro possesso.
Tuttavia al suo fianco troviamo uno dei politici più abili di allora, il Cardinal Consalvi. Il 28 agosto 1815 i Grandi d’Europa erano tutti a Parigi, e il Cardinal Consalvi ebbe il colpo di genio di inviare come ambasciatore a Parigi il più grande artista allora vivente.
Antonio Canova era un uomo mite, timido ed ubbidì all’incarico ricevuto.
Non era la prima volta che vi si recava, ma mentre le altre volte fu accolto e riverito come artista, ora le cose sono cambiate. Il Re di Francia non lo ricevette e lo Zar di Russia non lo aiutò. Ma con la sua modestia e con la sua fama riuscì ad entrare nelle grazie di prussiani, austriaci e soprattutto degli inglesi. Il vincitore di Waterloo, Wellington, divenne il paladino del Papa e convinse le potenze europee il 30 settembre a dichiarare invalido il Trattato di Tolentino e il diritto del Papa a recuperare quanto sottratto.
Non fu facile. Canova si dimostrò un grandissimo diplomatico. Dovette recarsi al Louvre con operai italiani e scortato da un plotone di soldati, ma riuscì a ritornare con capolavori come il Laocoonte, l’Apollo del Belvedere o la Trasfigurazione di Raffaello. Poi dovette cercare tutto quanto era andato disperso o era stato rubato. Alla fine tutto venne portato in una caserma degli austriaci e partì protetto da un vero e proprio esercito insieme ai tesori restituiti al Piemonte, a Parma, a Modena, a Firenze.
Antonio Canova mori a Venezia il 13 ottobre 1822 nella casa dell’amico Francesconi, proprietario del Caffè Florian.
In numerosi musei italiani troviamo ancora aperte le mostre organizzate per i 200 anni dalla morte. Approfittatene.
“Non esiste in realtà una cosa chiamata arte. Esistono solo gli artisti.”
Ernst H. Gombrich (storico dell’arte e accademico austriaco naturalizzato britannico; 30/03/1909-03/11/2001)