A giugno è fallito lo Sri Lanka, stato insulare dell’Asia meridionale, di dimensioni pari a circa un quinto dell’Italia e con una popolazione di 22 milioni di abitanti. Tale epilogo è frutto di un’economia soffocata da una pluralità di situazioni fra le quali la pandemia, l’inflazione elevata, e la guerra in Ucraina, che sta lasciando ampie fasce di popolazione senza beni primari come cibo, medicinali e carburanti.
A mezzanotte del 27 giugno scorso anche la Russia è entrata in default, seppur “tecnico” Le sanzioni imposte l’hanno tagliata fuori dal sistema finanziario internazionale e hanno reso intoccabili quelle sue riserve detenute all’estero, che potrebbe invece utilizzare per pagare i suoi debiti.
Un altro paese dell’area in grosse difficoltà finanziarie è il Pakistan, sull’orlo del default in maggio ha chiesto il salvataggio del Fondo Monetario Internazionale (FMI).
Nel 2001 Jim O’Neil, all’epoca economista della banca d’affari americana Goldman Sachs, coniò l’acronimo BRICS, che indicava i Paesi allora emergenti in rapida crescita: Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica. Nel 2001 erano ritenuti i Paesi del futuro, oggi possiamo dire che solo Cina ed India sono diventate delle potenze economiche e politiche mondiali, mentre Brasile, Russia e Sudafrica rischiano di rimanere Paesi emergenti ancora molto a lungo.
Nel 2013, un analista della banca d’affari americana Morgan Stanley coniò l’espressione i “cinque fragili” riferendosi a un gruppo di cinque Paesi emergenti che per molti motivi rischiavano di fallire: Brasile, India, Indonesia, Sudafrica e Turchia. Oggi possiamo constatare che di cinque fragili ne é rimasto solo uno, la Turchia. Gli altri hanno rafforzato le rispettive economie
La storia dell’Indonesia è la più straordinaria storia di successo del XXI secolo: riforme, politici credibili e politiche economiche virtuose.
L’India è drasticamente migliorata. Tuttavia permangono corruzione di massa, servizi pubblici carenti, infrastrutture inesistenti, sistema bancario in difficoltà e forte dipendenza dalle importazioni di petrolio.
Il Brasile, che in questi giorni sta eleggendo il suo Presidente, non ha più problemi di debito, ma la sua economia fatica a riprendersi. Dal 2013 la moneta locale, il Real, ha perso due terzi del suo valore rispetto al dollaro e il tasso di interesse ufficiale è il 13,75%.
Il Sudafrica deve ancora superare i danni della crisi finanziaria globale del 2008/2009 e solo dal 2018, con il nuovo presidente, ha iniziato a combattere la corruzione, la povertà, la disuguaglianza e la disoccupazione. Probabilmente ci vorrà molto molto tempo, ma intanto il paese si è rinforzato finanziariamente.
La Turchia è quindi l’ultimo dei fragili rimasto. Un Paese bellissimo e vivace. E’ anche una potenza geopolitica, un importante snodo tra Occidente ed Oriente. Come l’Egitto è uno di quei Paesi politicamente “essenziali” ed è sempre forte il timore internazionale che cadano nel caos. Politiche economiche sbagliate hanno portato la Turchia ad una crisi che sembra inarrestabile con una inflazione scioccante pari all’80%.
Dalla Curiosità odierna ricaviamo ancora una volta che la diversificazione è necessaria per proteggere il proprio patrimonio finanziario. Investire infatti in un singolo Paese, come in una singola azienda, può comportare una perdita irreparabile, solo un portafoglio ben diversificato ha oscillazioni che nel tempo sono sempre recuperabili. E lo strumento principe per ottenere una buona diversificazione sui mercati obbligazionari è senz’altro un fondo comune di investimento.