Il peso del debito

Da quando ho iniziato gli studi universitari in economia a Venezia il nostro Paese ha attraversato molte situazioni temporanee di crisi. Voglio citarne quattro, casualmente accadute ogni dieci anni.


Estate 1992, pochi mesi dopo la firma del trattato di Maastricht, arriva la spallata sui mercati: il finanziere George Soros mette alla prova la tenuta dello Sme (Sistema Monetario Europeo) con un violento attacco speculativo, forzando l’uscita della sterlina britannica e della lira. Fu l’anno degli attentati ai giudici Falcone e Borsellino, e di “Tangentopoli“. Il debito pubblico italiano arrivò a superare il PIL per la prima volta dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. L’Italia fu ad un passo dalla bancarotta. La necessità di racimolare liquidità fu talmente grande che spinse l’allora governo guidato da Giuliano Amato a una brusca svalutazione della lira, alla privatizzazione di diverse aziende pubbliche e al prelievo forzoso del 6 per mille sui conti correnti dei cittadini. Ovviamente il listino azionario domestico calò brutalmente.

Il 2002 iniziò con il debutto dell’euro. A ottobre il listino azionario italiano toccò il punto più basso dal picco di marzo 2000, registrando un crollo di -56%. Stavolta la crisi fu mondiale: il nuovo millennio cominciò con lo scoppio della bolla di Internet, proseguì poi con l’attentato alle Torri Gemelle che gelò l’economia mondiale a settembre 2001 e l’anno successivo i mercati azionari mondiali toccarono il fondo subito dopo i fallimenti dei colossi americani Enron e Worldcom.

26 luglio 2012 era una bella giornata di sole nel cuore di Londra quando a Lancaster House Mario Draghi, appena insediatosi alla guida della BCE (Banca Centrale Europea) e forte dell’appoggio del Cancelliere tedesco Angela Merkel, pronuncia tre parole che salvarono l’integrità della moneta unica: “whatever it takes”. In quel 2012 la crisi dei debiti sovrani dell’Europa meridionale raggiunse quindi il suo apice dopo aver coinvolto i paesi europei più fragili, i cosiddetti PIIGS: Italia, Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna. I primi scricchiolii della crisi erano emersi già in Grecia nel 2009 e da li in poi aumentò il timore sulla sostenibilità dei conti pubblici.

Il colpo di grazia alle debolezze già presenti nei singoli Paesi fu la grande crisi del 2008. Per evitare il fallimento degli istituti di credito ogni singolo Stato intervenne a sostegno del proprio sistema bancario, aggravando però la propria situazione finanziaria. I paesi già pesantemente indebitati subirono ripetuti abbassamenti di rating e i loro titoli di debito vennero venduti a piene mani dagli investitori internazionali che temevano possibili fallimenti: il crollo per le obbligazioni governative italiane (BOT, BTP, CCT, …) fu davvero enorme. Il debito pubblico italiano si stabilizza a circa 135% del PIL (Prodotto Interno Lordo).

Estate 2022. Più o meno nelle stesse ore in cui Mario Draghi terminava la sua esperienza di governo, Christine Lagarde, la sua sostituta alla guida della BCE, aumentava per la prima volta dopo dieci anni i tassi di interesse e annunciava la creazione di un nuovo strumento per evitare una nuova crisi dei paesi europei più deboli: TPI (Transmission Protection Instrument), l’ombrello BCE studiato per tutti i Paesi dell’eurozona quando arriva la tempesta.

Rispetto a dieci anni fa tuttavia c’è una grande differenza: oggi i dubbi della BCE non riguardano più la sostenibilità di tutti i paesi periferici dell’Eurozona, oggi i dubbi riguardano solo la sostenibilità del debito italiano. Qualsiasi governo che arriverà in Italia ci saranno vincoli stringenti, per essere aiutati dovremmo ancora una volta rispettare gli impegni presi. E già il 30 settembre, 5 giorni dopo il voto, la prima delle agenzie di rating (Moody’s) si pronuncerà sull’Italia.

Oggi stiamo vivendo un’altra situazione mondiale particolarmente impegnativa: siamo ormai prossimi ad un periodo di stagflazione, quindi di stagnazione economica associata ad un’inflazione tornata a livelli di circa cinquant’anni fa. Il nostro indice azionario registra a giugno una flessione di -25% da inizio anno. Il debito pubblico italiano continua la sua costante crescita e raggiunge il 152,6% del PIL (dato del 31 marzo) e un valore assoluto record storico di 2.766,4 miliardi (dato 30 giugno), 71 miliardi di euro in più rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.

Anche la situazione attuale, per quanto complessa e “nuova” rispetto alle precedenti, si risolverà nel migliore dei modi per i risparmiatori che hanno correttamente diversificato i loro investimenti (evitando concentrazioni) e che rispetteranno l’orizzonte temporale predefinito.

Ho bisogno di credere che quando le cose vanno male, io abbia il potere di cambiarle” Jim Braddock (pugile statunitense 07/06/1905-29/11/1974)

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