Space economy

La Nasa è ritorna sulla luna con una missione low cost. Il razzo Electron lanciato con successo dalla base in Nuova Zelanda trasporta il veicolo spaziale Capstone, grande quanto un forno a microonde, costato appena30 milioni di dollari.

Ma facciamo un passo indietro.

Per oltre 50 anni lo spazio è stato appannaggio di un ristretto numero di governi e istituti di ricerca. Mandare in orbita satelliti e apparecchiature sempre più complesse e costose richiedeva tecnologie anchesse sempre più costose, facendo schizzare alle stelle i costi di lancio.

Nel 2002 però Elon Musk (patron di Tesla) fondò SpaceX con lobiettivo di ridurre i costi dei lanci spaziali, dando così inizio ad una vera e propria rivoluzione. In 20 anni i costi di lancio per un satellite si sono ridotti di 10 volte (da 20.000 dollari per kg lanciato a 2.000 dollari), favorendo pertanto una maggiore accessibilità dello spazio anche a nuovi attori a caccia di opportunità di guadagno.

Opportunità che, tra laltro, sono state ampliate dal progresso tecnologico intervenuto in questi anni: il ritardo nelle trasmissioni dati è 100 volte inferiore; la comunicazione è 10 volte più veloce; la qualità delle immagini trasmesse dai satelliti è 100 volte maggiore.

Oggi si parla spesso di turismo spaziale , anche se sono solo due le aziende che portano turisti oltre i cento chilometri dal suolo terrestre, la cosiddetta linea di Karman, e sono proprio la SpaceX e la Blue Origin di Jeff Bezos (patron di Amazon).

Quello che però ancora sfugge ai più è che la Space Economy non è solo Turismo Spaziale. Essa ricopre, già oggi, un ruolo sempre più centrale nella nostra quotidianità. Chi vive nei Paesi Sviluppati interagisce con i satelliti in media 36 volte al giorno. Può sembrare strano, ma se pensiamo a quando usiamo lo smartphone per scegliere la strada da percorrere capiamo subito che la nostra vita dipende completamente dai tanti servizi che forniscono continuamente i satelliti.

Attorno alla Terra se ne contano 5.000, metà dei quali lanciati negli ultimi 3 anni grazie al crollo dei costi e all’incredibile progresso delle tecnologie. La proiezione realistica è che nel 2030 saranno oltre 100.000.

Insomma, la Space Economy è già presente e sta influenzando la nostra vita di tutti i giorni diventando sempre più decisiva nella gestione delle pressanti sfide a cui dobbiamo far fronte qui sulla terra. Dall’agricoltura di precisione, al monitoraggio della trasmissione dell’energia, dalla connettività ai cambiamenti climatici. La Space Economy consente di raccogliere ed elaborare dati fondamentali per migliorare le azioni quotidiane qui sulla terra.

La Space Economy è “decollata”. E il mondo della finanza non poteva stare alla finestra. E per fortuna non serve andare nello spazio per investirci e trarne beneficio. Sono infatti disponibili fondi comuni di investimento ed Etf a cui delegare la gestione.

In conclusione voglio sottolineare, come ho già fatto nel 2020, che l’Italia vanta un’eccezionale tradizione nel campo delle tecnologie aerospaziali nata nell’immediato dopoguerra. Nel 1964 siamo stati il terzo Paese, dopo Stati Uniti e Unione Sovietica, a lanciare nello Spazio un nostro satellite.

Grazie a questa tradizione oggi l’industria aerospaziale italiana è tra le più avanzate al mondo. Parliamo di meno di 500 imprese, di cui il 90% sono microimprese, cento delle quali nel Nord Est. Imprese all’avanguardia sia in tecnologia che in creatività.

Sono sicuro che già oggi una di queste nostre aziende sta guardando oltre e si sta preparando per quello che sarà secondo me il nuovo business dello spazio: la raccolta dei “rifiuti spaziali”.

Se già oggi si contano 190 milioni di detriti in quella che sia chiama orbita bassa (fra i 300 e i 1.000 km dal suolo) pensiamo a quanti saranno nel 2030.

Houston abbiamo un problema.”

“Non puoi scoprire nuovi oceani se non hai il coraggio di
perdere di vista la riva.”
ANDRE’ GIDE (SCRITTORE FRANCESE, PREMIO NOBEL PER LA LETTERATURA NEL 1947; 22/11/1869-19/02/1951

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