Una storia di Natale: la parabola dell’acciaio

182 anni fa, a Londra venne pubblicato un libro destinato all’immortalità.

Nonostante il prezzo elevato, dovuto soprattutto alla rilegatura rigida con velluto rosso a bordi dorati, già nel giorno stesso in cui fu pubblicato vendette un migliaio di copie, il 24 dicembre raggiunse le 6.000 copie e nei quindici giorni successivi vendette ben15.000 copie, cifra enorme per l’epoca. Oggi è uno dei tesori inestimabili della letteratura mondiale.

Stiamo parlando della storia che amo di più nel periodo natalizio.

Vi ho incuriosito? Non vedete l’ora di sapere il titolo?

L’autore è Charles Dickens e il titolo in italiano è “Il Canto di Natale”.

Racconta la storia di Ebenezer Scrooge, un imprenditore anziano, antipatico ed avaro che non apprezza il Natale. Riceve la visita di tre fantasmi che riescono a convertirlo.

Nel 1843, quando Dickens scrisse il libro, un imprenditore come Scrooge esisteva. Sto parlando di Andrew Carnegie.

Andrew Carnegie ha rappresentato una figura emblematica del “sogno americano”: egli, infatti, partì giovanissimo dalla natia Scozia per andare negli Stati Uniti in cerca di fortuna, e, dopo avere svolto vari lavori, alcuni dei quali molto umili e faticosi, riuscì ad arricchirsi grazie al suo talento negli affari.

In modo simile allo Scrooge di Dickens, all’età di sessantacinque anni Carnegie vendette le sue società al banchiere J.P.Morgan e dedicò il resto della sua vita alle attività filantropiche. Donò a biblioteche, musei, università e creò fondazioni quali la Carnegie Corporation, la Carnegie Hall, la Carnegie Foundation e il Carnegie Endowment for International Peace.

Come imprenditore Carnegie guidò l’enorme crescita dell’industria dell’acciaio che portò gli Stati Uniti a primeggiare nella produzione dal primo Novecento, diventando uno degli uomini d’affari statunitensi più ricchi della storia.

Nel 1901 con la nascita della “US Steel” dalla fusione di numerose acciaierie statunitensi, Andrew Carnegie deteneva una quota del 30% di tutto il mercato dell’acciaio negli Stati Uniti.

Agli inizi del secolo le aziende più grandi ed importanti erano le acciaierie. L’acciaio era tutto: significava industria in tempo di pace e cannoni in tempo di guerra.

L’importanza della U.S. Steel aumentò nel corso del secolo. Nel 1980, prima dell’elezione di Ronald Reagan, era la più grande azienda per la produzione di acciaio degli Stati Uniti, con oltre 120.000 dipendenti.

I tempi cambiano ed oggi, dopo 124 anni, le cose non sono più come allora. Oggi ci sono le “magnifiche sette”: il petrolio, l’auto, le telecomunicazioni, sono state rimpiazzate dalla tecnologia: Apple, Microsoft, Google, Amazon, Nvidia, Tesla e Meta.

Che fine ha fatto US Steel? Il 2 gennaio, il presidente uscente Joe Biden ha bloccato – in nome degli «interessi nazionali» – l’acquisizione della società da parte del colosso giapponese Nippon Steel. Scelta strana e molto discutibile.

Questa storia evidenzia ancora una volta che la diversificazione rimane la primaria regola da osservare nell’investire i propri capitali. Il mondo progredisce sempre, tuttavia nessuno è in grado di prevedere quali saranno i vincitori ed i vinti.

 

“Se avessi chiesto alla gente cosa voleva, avrebbero risposto cavalli più veloci..

Henry Ford

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